Lo stato di salute attuale del commercio internazionale è migliore di quanto possiate immaginare. Il 2020 è stato un anno molto difficile e anche se il futuro riserva sfide complesse, il sistema di scambi multilaterali ha dimostrato capacità di resilienza, flessibilità e soprattutto di reattività agli shock, come la pandemia Covid-19. I temi attuali dell’esteso dibattito sulle dinamiche che caratterizzano il commercio internazionale riguardano principalmente tre grandi filoni: E-commerce, transizione ecologica e riforme.
Come immaginerete facilmente, molti dei prodotti che compriamo o consumiamo, vengono realizzati in altre parti del mondo e prodotti in modo non sostenibile.
Se il commercio internazionale non fosse libero e l’economia attuale non fosse globalizzata, probabilmente però non potremmo accedere a gran parte di questi beni o addirittura non potremmo permetterci di acquistarli, perché sarebbero disponibili a prezzi nettamente più elevati. All’interno di questo scenario, diventa necessario favorire scambi commerciali regolamentati da leggi chiare e ben definite, per evitare che si sviluppino pratiche di concorrenza sleale e per garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Che cos’è l’OMC?
Nel 1994 è stata creata a Ginevra, l’Organizzazione Mondiale del Commercio o World Trade Organization, che vigila sul rispetto delle regole del commercio globale, con lo scopo di creare un sistema commerciale efficiente e vantaggioso per tutti i partecipanti. Un’organizzazione intergovernativa composta, al momento, da 164 Paesi. L’ultimo Stato ad accedere all’Organizzazione è stato l’Afghanistan nel luglio 2016, mentre l’Italia ne fa parte fin dalla fondazione. L’Organizzazione ha l’obiettivo di aumentare la cooperazione internazionale nelle pratiche commerciali e di garantirne la trasparenza. Si occupa inoltre di siglare accordi commerciali vincolanti per gli Stati membri.
Ma di che tipo di accordi stiamo parlando?
Di patti relativi al commercio di beni, servizi e proprietà intellettuale, ispirati a principi di cooperazione, liberalizzazione, rimozione degli ostacoli al libero commercio e riduzione dei dazi. Gli accordi non rimangono stabili nel tempo, ma vengono aggiornati periodicamente in modo da rispondere alle esigenze dei Paesi membri nel miglior modo possibile. Inoltre, l’Organizzazione vigila sull’osservanza degli accordi da parte degli Stati membri, che devono comunicare in modo tempestivo tutte le loro normative vigenti in materia commerciale e le misure adottate in ottemperanza agli accordi. Per verificare che queste normative siano rispettate, vengono effettuati controlli periodici sulle pratiche commerciali messe in atto dai vari Paesi. Un’altra funzione fondamentale dell’Organizzazione è quella di arbitro delle controversie commerciali che possono insorgere in relazione ai diritti garantiti dagli accordi. Nell’ambito dell’Organizzazione esistono diverse misure di sostegno in favore delle economie emergenti.
Ma cosa si intende per economie emergenti?
Si tratta di tutti quei Paesi a cui vengono riservati vari tipi di aiuti con l’obiettivo di incrementare possibili opportunità commerciali.
Ma chi è a capo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio?
Dal primo marzo 2021 l’OMC ha un nuovo Direttore Generale, si tratta di Ngozi Okonjo – Iweala, economista nigeriana dal curriculum prestigioso, la cui nomina è stata finalmente sbloccata con l’insediamento della nuova amministrazione USA dopo il veto di Donald Trump. L’ingresso in carica di questa donna è veramente molto importante perché avviene in un momento di crisi per il multilateralismo e gli scambi commerciali, ma soprattutto in un momento in cui il mondo sta andando incontro a profondi cambiamenti, come la digitalizzazione e il cambiamento climatico.
A questo punto vi starete sicuramente chiedendo qual è la relazione che lega il commercio internazionale alla digitalizzazione e al cambiamento climatico.
La digitalizzazione è ormai legata a doppio filo con le nostre vite e con le azioni che compiamo quotidianamente, il digital trade, non è altro che l’insieme delle transazioni commerciali che avvengono on-line. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di commercio e investimenti, la quota degli e-commerce delle transazioni complessive globali è cresciuta dal 14% al 17% nel solo 2020, anche per effetto del Covid-19. Capite come diventa importante definire anche in questo nuovo ambito, regole comuni riguardo alla privacy dei dati personali e all’accesso al mercato digitale per tutti.
E il cambiamento climatico?
Non ha nulla a che fare con il commercio internazionale? Sbagliato! Pensate solo a quante emissioni inquinanti vengono prodotte per trasportare le merci da una parte all’altra del mondo, non a caso i principali paesi inquinanti, Cina, Stati Uniti, Giappone, Unione Europea, India, Russia sono anche i principali attori commerciali globali.
Come fare dunque per limitare le emissioni e ottenere scambi più puliti?
Insieme all’Organizzazione Mondiale del Commercio stanno andando avanti negoziati tra un ristretto numero di paesi, ad oggi sono 46 quelli coinvolti, per favorire lo scambio dei cosiddetti “ beni ambientali”, ovvero tutti quelli che possono favorire una transizione energetica virtuosa. L’interazione tra politichecommerciali e politiche climatiche è dunque indispensabile per raggiungere gli obiettivi di preservazione ambientale. Da un lato, le regole e gli accordi che disciplinano il commercio tra Paesi possono favorire la diffusione di beni e tecnologie sostenibili; dall’altro, azioni più incisive in favore dell’ambiente richiedono una revisione delle normative domestiche che a loro volta possono avere effetti significativi sugli scambi. Le opportunità per favorire flussi commerciali in linea con gli obiettivi di contrasto al cambiamento climatico sono numerose. Tra queste: la rimozione delle barriere tariffarie e non tariffarie su beni e servizi a basso impatto ambientale, la limitazione dei sussidi ai combustibili fossili e ad altre industrie altamente inquinanti.
A tale proposito vi parliamo di un’ iniziativa che sta facendo riflettere moltissime persone e che vede l’Unione Europea in prima linea : l’introduzione di una “carbon border tax”.
Di cosa si tratta?
Anche detta “ meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera”, la carbon border tax è una tassa sui beni importati in funzione della loro intensità di carbonio, misurata in base alle emissioni di carbonio incorporate nei beni .
Che cosa vuol dire nello specifico?
I Paesi meno attenti al fenomeno del cambiamento climatico, che non si preoccupano del livello di inquinamento generato dalle loro filiere produttive, potrebbero essere tassati! Capite che questo da una parte è molto disincentivante ma dall’altra porta ad un diverso tipo di riflessione. Molto probabilmente infatti la pressione economica generata da queste possibili nuove regolamentazioni andrebbe a colpire maggiormente i Paesi in via di sviluppo, che nell’immediato presente non sarebbero ancora in grado di adottare obiettivi ambiziosi in vista della de-carbonizzazione.
Per concludere
Quali sono allora le prospettive future?
La definizione e l’approvazione di nuove regolamentazioni nell’ambito del Commercio Internazionale, come quelle di cui abbiamo parlato in questo articolo, non è sicuramente cosa semplice. Certamente però nella situazione attuale, si sta creando una base dalla quale far partire un dialogo costruttivo. Promuovere politiche commerciali internazionali e processi decisionali nazionali compatibili con il clima, sarebbe un incentivo importante per incoraggiare numerosi Paesi verso un tipo di crescita più “green”, all’interno della quale si sostengono tutte quelle aziende che producono tecnologie a basso contenuto di carbonio. Il commercio internazionale ha bisogno di mettere in atto tutta una serie di scelte strategiche che tengano conto dei cambiamenti politici, economici, tecnologici, ambientali e sociali nonché delle tendenze globali che ne derivano. Noi di Bliss Corporation suggeriamo alle imprese di assumere sempre un comportamento responsabile, accogliendo tutte le possibili soluzioni che il futuro ci offre per garantire una mobilità sostenibile e intelligente e riteniamo che mai come in questo momento l’ambiente ci chieda di attuare strategie nel rispetto di questi valori. Per farlo è necessario che si costruisca un senso di cooperazione tra le realtà che operano nel nostro settore, presenti in ogni parte del mondo. Siamo convinti che questa partecipazione globale a sostegno della sostenibilità, favorirà in futuro tutti processi di produzione e di distribuzione , la creazione di mercati resilienti e regolamentati da norme sempre più trasparenti e un mercato internazionale fatto di scambi commerciali sempre più favorevoli.